Disegno di legge di iniziativa dell’On. Fabio Porta concernente: “Provvedimenti di semplificazione amministrativa volti a favorire il rientro di giovani italiani dall’estero e degli italici al fine di contrastare i fenomeni di spopolamento e di denatalità e favorire la ripresa economica”

Disegno di legge di iniziativa dell’On. Fabio Porta concernente: “Provvedimenti di semplificazione amministrativa volti a favorire il rientro di giovani italiani dall’estero e degli italici al fine di contrastare i fenomeni di spopolamento e di denatalità e favorire la ripresa economica”

RELAZIONE

I fenomeni di spopolamento di vaste aree periferiche del paese, anche a seguito dell’emigrazione all’estero delle giovani generazioni, accentuati dall’innalzamento dell’età della popolazione residente e dalla denatalità, si pongono in termini sempre più allarmanti per il nostro paese. Infatti, secondo i più recenti rilevamenti Istat la popolazione residente è già scesa sotto i 60 milioni di abitanti, un fenomeno che ha riguardato, oltre che in particolare il Mezzogiorno e le isole, quasi tutti i borghi con meno di 10.000 anime che, rispetto al 1951, ne hanno perso quasi 300.000. Peraltro, se si accentua questa tendenza sembrerebbe che la popolazione in Italia intorno agli anni Cinquanta del presente secolo non solo si aggirerebbe intorno ai 50 milioni di abitanti, cosa che comporterà una drastica riduzione del Pil, ma accadrebbe anche che poco più di una persona su due si troverebbe in età lavorativa. Compromessa appare non solo la corresponsione delle pensioni per effetto delle sempre minori contribuzioni dei lavoratori in servizio, ma anche lo stesso welfare mentre alcune attività come quella turistica, agricola e edilizia già ora avverte una notevole mancanza di addetti. Analoghi problemi si segnalano anche in comparti prima ritenuti al sicuro come la sanità, l’edilizia, la scuola e, perfino, la pubblica amministrazione con il calo dei partecipanti ai concorsi pubblici (o il rifiuto di eventuali vincitori di spostarsi dal Sud al Nord del paese, per l’inadeguatezza delle retribuzioni difronte al costo della vita) che crea non poche difficoltà anche ai piani di attuazione del Pnrr. In tutti i casi, come segnalano autorevoli analisi internazionali, la rinuncia a quelle che si definiscono “intelligenze fluide”, tipiche dell’età giovanile, a favore di quelle cosiddette “cristallizzate” delle età più mature, comporterà solo conseguenze negative per lo sviluppo economico del paese.

Mentre si rincorrono le soluzioni, come l’utilizzo dei flussi migratori dalle aree meno sviluppate del pianeta e il sostegno alle famiglie con l’auspicabile maggiore inserimento della donna nel mercato del lavoro, i cui effetti in termini di fertilità, tuttavia, non potranno vedersi prima di due decenni, nel breve termine si possono prendere in esame altre soluzioni, non alternative a quelle ma complementari. Si tratta delle risorse umane non sempre prese in debita considerazione nel nostro paese e costituite dal vasto numero di discendenti di emigrati italiani nel mondo che, accanto ai sei milioni di cittadini residenti all’estero (inclusi gli ultimi expat), secondo le stime più attendibili formerebbero una platea dai sessanta agli ottanta milioni di persone, all’interno della quale dominante appare proprio la componente giovanile, soprattutto nell’America latina centrale e caraibica, con un livello di scolarizzazione abbastanza elevato e con forte influenza culturale italiana. Una componente dell’italianità nel mondo che, soprattutto nell’America Latina, appare seriamente interessata a rientrare in un Paese che ai loro occhi si rivela non meno di altri attraente sotto il profilo delle opportunità occupazionali e dello stile di vita. Non ci si deve nascondere, tuttavia, che relativamente a quella frangia di esso che ancora attende o non può agevolmente ottenere la cittadinanza italiana vi possa essere l’eventualità che, una volta ottenutala, al pari di tanti altri giovani italiani residenti in Italia possa avere la tentazione di raggiungere mete europee e nord americane più appetibili, privando così del loro apporto il Paese che potrebbe offrire tali opportunità. Il secondo obiettivo del presente progetto (art. 2 p.b)) è l’apertura alla categoria degli “italici”, ossia a coloro che si riconoscono nei valori culturali, sociali e nello stile di vita italiano e che dall’associazione che li censisce e li rappresenta sarebbero quantificati in circa 120 milioni in tutto il mondo in prevalenza intellettuali, artisti, imprenditori e professionisti nei vari campi. A essi la presente proposta di legge consentirebbe di circolare liberamente tra il paese di origine e il nostro, a beneficio di quest’ultimo giacché il solo risiedervi fisicamente o stabilire almeno parte delle proprie attività, divenire soggetto fiscale, ecc. potrebbe dare un apporto prezioso alla soluzione dei problemi citati in premessa.

La legislazione italiana da qualche tempo cerca di mettersi al passo con gli altri paesi agevolando le pratiche di ingresso e di soggiorno in Italia con procedure più semplificate di quelle fino a ora vigenti. Così è stato previsto per le Start up di iniziativa extraeuropea contenuta nella legge del 17.12.2012 n. 221 un procedimento semplificato che consente, dal 2014 di avviare le procedure per l’ottenimento del visto e del permesso di soggiorno direttamente presso il ministero dello sviluppo economico. Questa tendenza è stata confermata nella legge di bilancio 2017, art. 27 bis, che concede visto e permesso di soggiorno agli investitori extraeuropei. Successivamente il Decreto legge 27.1.2022 all’art. 27, comma 1, sexties, prevede visti egualmente più rapidi per i cosiddetti “nomadi digitali” extraeuropei. Infine, vi è il cosiddetto decreto Cutro, n. 10.3.2023 n. 20 che promuove attività formative professionali e di lingua e cultura italiana all’estero da parte di imprese aderenti ad associazioni professionali con percorsi che dovrebbero nella concessione di visti di ingresso in Italia in qualunque momento e al di fuori dei decreti flussi. Come si vede la tendenza nel nostro paese a superare vecchi sbarramenti burocratici è già in atto e a questa occorre raccordarsi. Da cui, appunto l’art. 1 della presente proposta che dichiara il ripopolamento del paese e del recupero al medesimo delle forze giovanili ovunque disponibili fine pubblico da curare in via principale rispetto ad altre preoccupazioni di indole puramente formali e burocratiche. In questo senso la presente proposta di legge in generale non pone limiti di età per l’ingresso in Italia, salvo 36 anni per i discendenti degli italiani per ragioni fiscali (art. 5, comma 1), anche per non impedire a qualche minoranza di emigrati anziani che godono di pensioni italiane di stabilirsi nel nostro paese garantendo la tranquillità economica ai familiari più giovani che eventualmente li seguissero; per la stessa ragione non intende fissare alcun tetto di ingresso per gli “italici” in modo da favorire il rientro dei giovani presupponendo realisticamente che chi avesse un’età superiore può fare altrettanto utilizzando le disposizioni di legge già esistenti.

In generale va riconosciuto che l’attuale legislazione si rivela sufficientemente aperta agli ingressi degli stranieri nel nostro paese, prevedendo un’ampia possibilità di visti e di condizioni che ne consentono l’ingresso e la permanenza. Tuttavia, a fronte di una disponibilità teorica sta la congerie di norme, il più delle volte frutto di stratificazioni legislative, inserimenti successivi e allargamento di competenze quasi tutte poste in capo ai ministeri degli interni e degli esteri, che, attraverso richieste di adempimenti amministrativi e vari orpelli burocratici, invece di favorire finisce per scoraggiare e penalizzare chi volesse risiedere nel nostro paese e, cosa più grave, tiene fuori quasi del tutto regioni ed enti locali, che sono quelli che in ultima analisi devono gestire un fenomeno che più di altri presenta ricadute locali. Particolarmente penalizzante appare che l’attuale quadro legislativo nei confronti dei discendenti degli emigrati italiani, degli expat e degli stranieri di cultura italiana che intendono stabilirsi in tutto o in parte in Italia non preveda una specifica normativa a riguardo, diversamente da quanto avviene in altri Paesi che come il nostro possono contare su una considerevole comunità di loro discendenti all’estero.

Il presente testo, all’art. 3, delinea una procedura per cui l’ingresso nel nostro paese dei discendenti degli emigrati italiani non in possesso della relativa cittadinanza possa essere attuato trasformando alla scadenza il visto permanente già posseduto o eventualmente da richiedere ai sensi della normativa vigente. In secondo luogo, il visto, che continuerà a essere concesso dal consolato di competenza, incorporerà anche il permesso di soggiorno previsto oggi a carico delle questure, adempimento chiaramente superfluo e inutile per l’utente e la pubblica amministrazione, frutto di una visione ancestrale e antistorica della presenza sul territorio nazionale. In ogni caso a questi si legherebbe tutto il complesso di diritti e di interessi legittimi degni di tutela così come previsto per chi non è cittadino italiano dall’art 2, commi 4 e 5 del Decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286. Questa impostazione nella sostanza non muta il panorama legislativo nella subiecta materia, dal momento che in pratica si risolve in un’operazione di semplificazione amministrativa delle varie tipologie dei visti di ingresso, previsti in particolare dagli artt. 4 e 5 della legge succitata che ne attribuiscono la competenza sia ai questori delineando diversi ambiti temporali a seconda della natura della richiesta, sia alle autorità consolari ai sensi dell’art. 5 del DPR 394/1999. La novità principale consiste invece nel fatto che il compito di conversione in visto permanente verrà attribuito integralmente agli uffici dell’anagrafe del comune in cui risiede il richiedente. E ciò non solo per dare una parvenza di normalità e di eguaglianza con gli altri residenti, ma anche per consentire all’ente locale una veduta d’insieme della popolazione che ha usufruito di questi benefici nel suo territorio, indispensabile per varare le relative politiche e iniziative da intraprendere e in quali direzioni destinare eventuali risorse a disposizione. Poi, indirettamente, si tratta di alleviare le questure e le prefetture da carichi di lavoro meno congeniali con i compiti di una polizia moderna, i cui uffici oltretutto appaiono in sofferenza rispetto i loro adempimenti (come dimostra l’arretrato nella concessione dei permessi di soggiorno agli stranieri e dei passaporti). Oltre al problema del rientro dei discendenti degli emigrati italiani e degli ultimo expat,la proposta di legge mira a facilitare l’ingresso nel territorio nazionale di personalità straniere che verosimilmente manifestassero il proposito di operare in Italia nei vari campi dell’arte, dell’imprenditoria, dell’istruzione, delle professioni e della ricerca scientifica, ecc. Tutto ciò, oltre che essere in linea con le tendenze in atto nell’Unione Europea miranti a evitare avventure pericolose per chi intendesse raggiungere paesi in cui verosimilmente si è in regola, costituirebbe un’ulteriore semplificazione nel momento in cui l’istituto del visto a tempo indeterminato è già ampliamente contemplato nel nostro ordinamento. Inoltre, questo sistema si preoccupa di far cadere, perché prive di fondamento (teorico e statistico), le preoccupazioni ­– spesso ricorrenti nelle analisi istituzionali – circa il comportamento della popolazione straniera nel nostro paese, ritenendo che a garanzia siano sufficienti le vigenti disposizioni (art. 5, commi 5 e 6 del DPR 286/1998) che pongono a carico delle questure la vigilanza e la potestà di intervenire con la possibilità di revocare i visti.

L’art. 4 della proposta stabilisce che, competenti alla concessione dei nuovi visti, saranno le autorità diplomatico-consolari italiane, nulla innovando nella sostanza l’art. 5 del DPR 394/1999. Viceversa in coerenza con quanto appena affermato e, soprattutto, con la finalità semplificatrice della presente proposta di legge, non si applica, in quanto superfluo, l’obbligo di segnalazione alla locale questura con relative sanzioni previsto dall’art. 7 del T.U. 286/1998 o di svolgere presso i medesimi uffici operazioni di rinnovo automatico dei visti anche riguardo a quei soggetti che, pur rientranti nelle categorie previste in questa disposizione, non possono ottenere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato o non si trovino ancora nelle condizioni di trasformarlo in un altro di diversa natura.

Come si può evincere dal testo, il presente progetto di legge, all’art. 3, intende fare propri gli auspici e le preoccupazioni che salgono da vari settori della società e delle istituzioni italiane che, analogamente a quanto accade in quasi tutti i paesi del mondo che si trovano a fronteggiare problemi di inserimento di cittadini stranieri richiedendo la padronanza della lingua e la conoscenza della cultura del posto – e che a essa si accompagni possibilmente la necessaria preparazione professionale –, giacché con le prime due condizioni culturali non ci si dovrebbe trovare davanti a un ostacolo troppo difficile da sormontare, soprattutto quando si proviene da tradizioni familiari italiane. Anche nel presente progetto di legge ci si basa e si migliora la normativa esistente, nella misura in cui quella pone come condizione per dare avvio alle operazioni di concessione del visto permanente la dimostrazione del possesso di questi requisiti all’art. 34, comma 1 del DPR 394/1999 in attuazione delle più generali disposizioni dell’“accordo di integrazione” degli artt. 4 bis,22, comma 15, e 23 del T.U. 286/19981. Su queste, che risalgono a epoche non troppo lontane in cui le amministrazioni pubbliche erano carenti di personale con le necessarie competenze linguistiche e per accelerare i propri adempimenti non potevano neanche contare sui supporti informatici come quelli attuali, è possibile introdurre ulteriori semplificazioni. Quindi, relativamente alla concessione del visto di ingresso in Italia a favore degli italo-discendenti, siano essi in grado o meno di mantenersi autonomamente nel Paese e degli italici che intendano entrare in Italia ai sensi della presente legge, le autorità diplomatico-consolari competenti dovranno concedere entro sessanta giorni il visto richiesto anche attraverso procedure online; in caso contrario scatterà il silenzio assenso. Il visto sarà concesso a seguito della presentazione di una certificazione sull’idoneità linguistica e culturale ottenuta da parte di: a) istituti di cultura italiani all’estero; b) università e istituti superiori di istruzione italiane con sedi all’estero; c) istituzioni culturali, artistiche, sportive e musicali italiane che svolgano notoria attività internazionale, tutti organismi che lo concederanno esclusivamente previa analisi documentale di curricula e di attestazioni ed entro e non oltre sessanta giorni, termine oltre il quale il parere si riterrà espresso favorevolmente. Analogo parere, dal carattere obbligatorio e vincolante e con le medesime procedure, dovrà essere richiesto alle camere di commercio italiane all’estero o alle missioni economiche presso le relative ambasciate italiane da chi intende trasferirsi in Italia per ragioni professionali o imprenditoriali. Viceversa, non dovrà sottostare ai suddetti adempimenti chi risulta essere in possesso di tali requisiti per “chiara fama”, anch’essa documentabile aliunde con atti e documenti. La proposta prevede che tutta la documentazione relativa all’ottenimento del visto e le successive fasi di inoltro alle istituzioni italiane di documenti attestanti il possesso di titoli all’estero possano essere esibiti oltre in italiano anche nelle lingue ufficiali e di lavoro dell’Unione Europea per chi appartiene a questo spazio geografico, ai sensi del regolamento europeo del 1958, art. 1, e in inglese, francese, spagnolo e portoghese per chi proviene da paesi extraeuropei. La norma serve a semplificare i rapporti con le pubbliche amministrazioni ponendo a carico di queste ultime eventuali operazioni di traduzione, oggi agevolate dai sistemi informatici consentiti dall’Intelligenza artificiale e che fino a ieri costituivano un carico eccessivamente dispendioso per gli italiani all’estero, oltre che fonte di discriminazioni e ingiustificati ritardi da parte degli uffici pubblici preposti.

Sembra, inoltre, opportuno estendere analoghi benefici ai soggetti che soddisfino le condizioni di avere diritto ai permessi di soggiorno ai sensi degli artt. 4, commi 2 e 3 del medesimo T.U. 53, agli iscritti nella lista dei lavoratori di origine italiana istituito presso le rappresentanze diplomatico-consolari con relativo grado di ascendenza di cui all’art. 21, comma 1 b) del T.U. 286/1998. Poiché il presente progetto di legge intende abbracciare non solo il maggior numero possibile di soggetti interessati ma anche funzionare concretamente come solidarietà nei confronti degli italiani e dei loro discendenti che si trovino in paesi colpiti da crisi endemiche, tutti i beneficiari della presente disposizione di legge (art. 1 comma 7) saranno ammessi anche al di fuori delle quote previste dagli artt. 21 e 22 dello stesso T.U. e dagli artt. 29, 34 commi 7,8 e 10, e 40, comma 1, del DPR 394/1999.

A questo fine e in coerenza con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dello spopolamento, l’art.3, comma 1 della proposta in oggetto, relativamente alla prima tipologia di interventi, nel caso si tratti di giovani giunti per studio o alla ricerca di una prima occupazione, anche in possesso della cittadinanza italiana, che non siano in condizioni di mantenersi autonomamente, consente di detrarre fino all’80% delle spese sostenute dalle famiglie o dai soggetti che li ospitano residenti nei piccoli borghi e al 60% nelle aree metropolitane, fino alla validità del visto temporaneo o per i cittadini italiani non oltre un periodo di cinque anni, per un importo non superiore a 400 Euro mensili e fino all’esaurimento della relativa posta di bilancio. Privilegiate in questo caso saranno soprattutto le realtà periferiche del paese e nelle provvidenze, come si vede, sono compresi anche i giovani in possesso della cittadinanza italiana che, soprattutto dalle aree più periferiche del pianeta, non sono in grado di autosostentarsi in Italia e potrebbero essere più opportunamente accolti in famiglie di amici e parenti. Si pone in tutti i casi il termine di cinque anni perché si ritiene sia sufficientemente congruo per conseguire un titolo di studio superiore o cercare un lavoro.

Analoga agevolazione e per lo stesso periodo si estende al nucleo familiare dei cittadini italiani residenti e non all’estero, ma colà per ragioni di studio, di lavoro o familiari, che rientrino in Italia per svolgere un’attività lavorativa o professionale continuativa. Il presente beneficio si cumula con altri di natura fiscale eventualmente dovuti e si intende riservato alla sola famiglia del rientrante, propria o di origine.

Le categorie contemplate nella presente disposizione di legge, come pure i permessi per lavoro subordinato, di cui all’art. 5 bis del DPR 286/1998.4, di quello autonomo e di imprenditorialità e di ricerca di lavoro di cui agli artt. 26 e 27 e 39 bis e 39 bis 1 del medesimo, di soggiorno per studio o per ricerca scientifica, di cui all’art. 6 della medesima disposizione di legge, avranno una durata a tempo indeterminato, secondo le procedure previste dalle leggi in materia. In particolare, si estenderà alle suddette categorie la previsione del DPR 394/1999, art.5, commi 1 e 2 p.4 e 6, che consente di ampliare temporalmente il permesso per ragioni di lavoro autonomo o subordinato o per finalità di studio anche ad altre attività consentite allo straniero senza conversione o rettifica del documento. Tutte queste categorie, nella misura in cui i requisiti soggettivi rientrino in quelli previsti dalla presente legge – leggasi italo-discendenti o italici – potranno godere dell’istituto del visto permanente di cui all’art. 1 comma 1.

Per un’oggettiva e più opportuna competenza territoriale l’art. 2 comma 2 della presente proposta affida alle Regioni e alle province Autonome la realizzazione dei programmi scaturenti dalla presente disposizione, previa deliberazione della Conferenza Stato – Regioni e Province Autonome – CGIE, organismo che si ritiene più congruo a gestire siffatto genere di politiche, mentre la loro attuazione sarà attribuita ai singoli comuni. Per lo svolgimento degli adempimenti conseguenti alla presente disposizione, sia nelle sedi diplomatico-consolari competenti sia presso le istituzioni italiane, i soggetti interessati si potranno fare assistere, oltre che dagli enti previsti nell’art. 42 del DPR 286/1998, anche dalle organizzazioni di volontariato che, in Italia e all’estero, operano a favore dell’emigrazione italiana cui si estenderanno le condizioni e gli adempimenti previsti dall’art. 26 del DPR 394/1999, art. 26, che potranno così svolgere anche operazioni di carattere amministrativo ai sensi del comma 4 p. b) della medesima disposizione e iscriversi al Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati sempre ai sensi degli artt. 52, 53 e 54 della medesima normativa.

Le spese inerenti alla presente disposizione di legge graveranno sul Fondo Nazionale per le politiche migratorie di cui all’art. 45 del T.U. 286/1998.mentre le Regioni e le Province Autonome che parteciperanno al presente programma, al di fuori delle proprie risorse, rientreranno nelle previsioni spesa dell’art. 59 del DPR 394/1999 che stabiliranno contestualmente un tetto agli interventi.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1

Finalità

  1. Al fine di contrastare i fenomeni dello spopolamento, dell’invecchiamento della popolazione e della denatalità in vaste aree, soprattutto interne, del Paese e al fine di recuperare all’economia nazionale risorse giovanili italiane sparse nel mondo anche in un quadro di  solidarietà internazionale, lo Stato italiano pone in essere  strumenti di semplificazione amministrativa degli istituti attualmente vigenti in modo da favorire la migliore circolazione nel nostro paese dei soggetti che la presente normativa reputa indispensabili per il raggiungimento di codesti fini.

Art. 2

Beneficiari

Sono beneficiari della presente legge i seguenti soggetti:

  1. I discendenti da emigrati italiani all’estero per via paterna o materna senza limiti generazionali,a prescindere dal possesso o meno della cittadinanza italiana;
  2. I cittadini di uno stato straniero che, in base ai requisiti del successivo art. 4, possano essere considerati, per attività e livello culturale, appartenere per scelta di valori all’Italia, cioè italiani di altra nazionalità (svizzeri italiani, sammarinesi, italiani dell’Istria e della Dalmazia), e gli italofoni e coloro che hanno abbracciato valori, stili di vita e modelli di quell’Italian way of life diffuso nel mondo, ibridandoli con altre culture, e che, da qui in poi, nella presente legge, saranno denominati “italici”;
  3. Le prime generazioni di emigranti a cavallo del Millennio che, da qui in poi, nella presente legge saranno denominati “expat”;
  4. I nuclei familiari di emigranti residenti all’estero, cittadini italiani e non, che intendano rientrare in Italia con propri discendenti;
  5. I cittadini italiani che si siano affermati all’estero per qualità scientifiche, culturali, artistiche, imprenditoriali e professionali che intendano rientrare o circolare anche parzialmente in Italia per svolgere le proprie attività o anche semplicemente per risiedervi;
  6. I nomadi digitali di cittadinanza o di origine italiana che intendano svolgere in Italia in tutto o in parte la propria attività.
  7. Beneficiari delle presenti agevolazioni, purché in possesso dei relativi requisiti, saranno anche coloro che si trovino nelle condizioni di avere diritto ai permessi di soggiorno ai sensi degli artt. 4, commi 2, 3 e 58 del medesimo T.U, in quanto iscritti nella lista dei lavoratori di origine italiana istituita presso le rappresentanze diplomatico-consolari con relativo grado di ascendenza di cui all’art. 21, comma 1 b) del T.U. 286/1998.

Art. 3

Gli strumenti

  1. I beneficiari di cui al precedente articolo possono richiedere il visto di ingresso e di soggiorno in Italia alle autorità diplomatico-consolari italiane, ai sensi dell’art. 5 del DPR 394/1999, che viene trasformato in visto permanente dalle medesime autorità comunali.
  2. Tale fattispecie di visto di ingresso incorpora anche il permesso di soggiorno di competenza delle questure e dopo la trasformazione alla scadenza in visto permanente dal comune eletto a propria residenza, quale Antenna dello Stato sul territorio, sarà compito di questo rinnovare periodicamente il documento con la stessa procedura di quelli di identità.
  3. Ai soggetti beneficiari della presente legge non si applica l’obbligo di segnalazione alla locale questura previsto dal Regio Decreto del 18.06.1931 n. 773, art. 174 11 o di svolgere presso i medesimi uffici operazioni di rilascio automatico dei visti.
  4. Al visto è collegato tutto il complesso di diritti e di eventuali interessi legittimi degni di tutela così come previsto per chi non è cittadino italiano dall’art 2, commi 4 e 5 del Decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286.
  5. Il presente istituto si estende anche al di là delle fattispecie ostative previste in ordine alle capacità di autosostentamento particolarmente per chi entra in ricerca di lavoro, studio ed esercizio di professioni previste nel T.U. 286/1998 e in tutte le altre disposizioni di legge che comportano la concessione di visti temporanei o permanenti di soggiorno in Italia legati a tale condizione.
  6. Tutti i beneficiari di cui alla presente legge sono ammessi anche al di fuori delle quote previste dagli artt. 21 e 22 dello stesso T.U. e dagli artt. 29, 34 commi 7,8 e 10, e 40, comma 1, del DPR 394/1999.

Art. 4

Condizioni di accesso

  1. Le provvidenze della presente legge sono riservate ai potenziali beneficiari che presentino i requisiti di conoscenza della lingua e della cultura italiana e siano in possesso di un’idonea formazione, così come previsto dall’art. 34, comma 1 del DPR 394/1999 in attuazione delle più generali disposizioni dell’“accordo di integrazione” di cui agli artt. 4 bis, 22, comma 15, e 23 del T.U. 86/1986, ma con le specificazioni di cui ai successivi commi.
  2. Gli aventi diritto possono richiedere, anche attraverso procedure online, il visto di ingresso in Italia con validità quinquennale che viene rilasciato dalle autorità diplomatico-consolari entro sessanta giorni dalla richiesta previa documentazione di cui al comma 3.
  3. Ciascun interessato all’ottenimento del visto, quando si trovi nella maggiore età, deve esibire la certificazione della sua idoneità rilasciata da a) un Istituto di cultura italiano all’estero; b) da un’università o istituti superiori di istruzione italiana con sedi all’estero; c) da altre istituzioni culturali, artistiche, sportive o musicali italiane che svolgano attività internazionale certificate dai competenti ministeri o organismi italiani di controllo.
  4. Analogo certificato può essere richiesto alle camere di commercio italiane all’estero o agli uffici commerciali ed economici delle ambasciate da chi intende trasferirsi o circolare in Italia per ragioni imprenditoriali, commerciali o professionali.
  5. La certificazione può essere rilasciata esclusivamente previa analisi documentale di curricula e di attestazioni e non oltre sessanta giorni dalla richiesta, termine oltre il quale il parere si ritiene espresso favorevolmente. Sono esenti dalla presentazione di tale comunicazione coloro che possono rientrare nella presente fattispecie per “chiara fama”, potendo dimostrare in tutti i modi il possesso di questa.
  6. Tutta la documentazione da esibire alle autorità italiane e le ulteriori certificazioni di titoli da inoltrare ad altri uffici una volta in Italia può essere prodotta, oltre che in lingua italiana, in quelle ufficiali e di lavoro dell’Unione Europea per chi proviene dal relativo spazio geografico, così come previsto dal Regolamento Comunitario del 1958, art. 1, e in inglese, francese, spagnolo e portoghese per chi proviene dai paesi extraeuropei.

Art. 5

Agevolazioni fiscali

  1. Al fine di favorire l’ingresso delle giovani generazioni di discendenti degli italiani all’estero provenienti da aree di maggiore disagio economico e limitatamente a queste per soggetti di età non superiore ai 36 anni, siano o meno in possesso della cittadinanza italiana ma non in condizione di mantenersi autonomamente in Italia e, per una durata non superiore ai cinque anni, è autorizzata la detrazione fino all’80% delle spese sostenute dalle famiglie residenti nei piccoli borghi e al 60% nelle aree metropolitane, per un importo non superiore alle 400 Euro mensili anche nel caso di rientri di nuclei familiari di emigrati.
  2. Analoga agevolazione si estende ai cittadini italiani residenti all’estero, anche se non iscritti all’Aire, ma ivi residenti per ragioni di studio, di lavoro o familiari, che rientrino in Italia con proprio nucleo familiare, ai sensi dell’art 2, lettera a) della presente legge per svolgere un’attività lavorativa o professionale continuativa. Il presente beneficio si cumula con altri di diversa natura eventualmente dovuti e si intende riservato alla sola famiglia del rientrante.

Art. 6
Regioni e enti locali


1. La realizzazione dei programmi scaturenti dalla presente
legge sono affidati alle Regioni e alle province Autonome, previo parere
della Conferenza Stato – Regioni e Province Autonome – CGIE, mentre la
loro attuazione è riservata ai rispettivi comuni dalle regioni interessate.
Per lo svolgimento degli adempimenti conseguenti, sia nelle sedi
diplomatico-consolari competenti sia presso le istituzioni italiane, i soggetti
interessati si possono far assistere, oltre che dagli enti previsti nell’art. 42
del T.U. 286/1998, anche dagli Enti del Terzo Settore, di cui al primo comma dell’art. 4 del Decreto Legislativo 117 del 2017 svolgenti, in via esclusiva o principale, l’attività di accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti di cui all’art 5, primo comma, lettera r) del sopra menzionato decreto, dalle organizzazioni di volontariato che, all’estero, operano a favore dell’emigrazione italiana, nonchè dagli istituti di patronato e di assistenza sociale di cui all’art. 1, primo comma della LEGGE 30 marzo 2001, n. 152, cui si estendendono le condizioni e gli adempimenti previsti dall’art. 26 del DPR 394/1999, art.26, che potranno così svolgere anche operazioni di carattere amministrativo ai sensi del comma 4 p. b) della medesima disposizione e iscriversi al
Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli
immigrati sempre ai sensi degli artt. 52, 53 e 54 della medesima normativa.

Art. 7

Norma finanziaria

Le maggiori spese di cui alla presente legge gravano sul Fondo Nazionale per le politiche migratorie di cui all’art. 45 del T.U. 286/1998 mentre le Regioni e le Province Autonome che partecipano al presente programma, al di fuori delle proprie risorse, rientrano nelle previsioni di spesa di cui all’art. 59 del DPR 394/1999 in cui contestualmente è stabilito un tetto agli interventi.

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